Anche l'oscurità è un dono
Fa parte di ognuno di noi; ci rende umani. Dobbiamo, però, imparare a gestirla.
Nella mia personale esperienza di vita ho diverse pietre miliari: momenti clou che hanno segnato, in qualche modo, un prima e un dopo. Immagino che sia così anche per te.
Una di queste è stata questa affermazione:
Anche l’oscurità è un dono.
La lessi un bel po’ di tempo fa in un post sui social.
All’inizio non la compresi: dentro di me di oscurità ne avevo davvero tanta e non la consideravo affatto un dono; piuttosto, una condanna.
Vuoi per il periodo che stavo vivendo -il lockdown per il Covid- vuoi per le mie personali vicende, ricordo che in quel momento quell’affermazione mi sembrò una vera assurdità.
Come si può considerare l’oscurità un dono?
Ci ho messo un bel po’ di tempo, vari libri, podcast, corsi e momenti di riflessione, per rendermi conto che in realtà quell’affermazione è vera: sì, anche l’oscurità è un dono.
È un dono… che va compreso e gestito. Bisogna capire da dove arriva e rendersi conto che nasce quasi sempre da un bisogno che non è stato soddisfatto nel modo corretto durante i primi periodi della nostra vita e che, talvolta, dà origine crescendo a strategie di compensazione non sane.
Un esempio pratico.
L’assunto che “tutto ciò che non ci uccide ci rende più forti” accompagnato dal bisogno di “dover essere forte”, può generare una escalation di comportamenti auto-distruttivi che hanno l'obiettivo di provare ad aggiungere sempre un punto in più in cima alla lista delle “cose che non ci uccidono” in modo da poter diventare “più forti”. Così, il bisogno non soddisfatto di essere amati rischia di consumarci con il tempo.
I nostri demoni, in fondo in fondo, vogliono solo tenerci al sicuro.
Solo che spesso lo fanno in modo maldestro.
Uno dei libri che ha contribuito a farmi cambiare idea su quell’affermazione è stato “Chi ha spento la luce” di Stefanie Stahl.
Lo hai già letto?
Tra i concetti che ho portato a casa dopo la lettura di questo libro c’è la distinzione che l’autrice fa tra Bambino Ombra e Bambino Sole. In parole molto semplici:
il Bambino Ombra è cresciuto in un ambiente poco o per nulla sereno;
il Bambino Sole, al contrario, è cresciuto in un ambiente che ha saputo trasmettergli fiducia e sicurezza.
Tra le pagine del libro, la Stahl entra nel dettaglio di come prendere consapevolezza del proprio Bambino Ombra e come fare, attraverso esercizi pratici, per accogliere un po' di luce dentro sé stessi.
Ormai sono convinta, però, che il Bambino Ombra e il Bambino Sole, crescano entrambi con due importanti superpoteri anche se da adulti spesso non ne sono consapevoli:
la capacità del Bambino Ombra di percepire negli altri, come prima cosa, la l’oscurità;
la capacità del Bambino Sole di percepire negli altri, come prima cosa, con la luce.
Questi superpoteri vengono fuori dal fatto che siamo naturalmente più orientati a notare negli altri ciò che ci è familiare. Tendiamo a notare più facilmente le similitudini.
E quindi perché l’oscurità è un dono?
A questo punto, la risposta è a portata di mano: perché se notiamo l’oscurità negli altri, quegli stessi aspetti caratteriali fanno parte anche del nostro personalissimo “pacchetto chiavi in mano”: della nostra essenza.
La consapevolezza che abbiamo di noi stessi, a quel punto deve darci una mano a capire se:
mettere dei confini tra noi e l’altro, nel caso in cui ci rendiamo conto che, per il nostro bene, è necessario prendere le distanze;
capire quali comportamenti adottare, per il nostro bene, quando ci si confronta con l’altro nella piena consapevolezza che la nostra felicità e il nostro benessere, una volta diventati adulti, diventano solo una nostra responsabilità.
Che tu ti senta di più un Bambino/a Ombra o un Bambino/a Sole, però, prendi consapevolezza anche del fatto che dentro di noi questi elementi coesistono e che rapportarsi agli altri tenendo in considerazione solo ed esclusivamente uno dei due può portarci fuori strada.
A presto,
Valentina